Un piccolo preambolo:

in questo post (come in altri) inizierò a scrivere parlando di me.
Il motivo è semplice: non mi considero né un eccelso conoscitore dell’umanità (per cui possa sentirmi titolato ad usare affermazioni sull’uomo in generale) né un guru; di conseguenza, preferisco partire da quelle che sono le mie esperienze personali per presentare le mie idee, mi pare molto più onesto.
(In realtà, essendo artistA e quindi moderno antropologo dell’anima, ne so a pacchi, ma voi non ditelo a nessuno, preferirei mantenere un profilo basso ^_^).

Paul David Hewson

questo ovviamente non sono io

Torniamo in tema.
La maggior parte delle persone che conosco o che mi frequentano nel presente mi hanno conosciuto in circostanze legate al canto. Cioè, il fatto che io canti non è stato un elemento trascurabile. Addirittura qualcuno, all’interno di una piccola cerchia, mi identifica come “il cantante”.
Io, che sostengo di conoscermi molto meglio, preferisco maggiormente identificarmi come chitarrista. Togliamo pure il maggiormente.
Facciamo che sono un chitarrista. Anzi, meglio ancora: suono la chitarra. Il canto è un effetto collaterale.
(Ovviamente essendo artistA potrei tranquillamente fregarmene di queste categorizzazioni da uomo comune, ma ogni tanto mi piace atteggiarmi a comune mortale ^_^ sempre per la questione del “profilo basso” di prima).

Ebbene, le prime manifestazioni di questo effetto collaterale non sono state molto piacevoli; diciamolo chiaramente, nonostante mi sia sempre considerato abbastanza intonato, le prime reazioni (parlo dell’adolescenza) soprattutto da parte di parenti e amici erano di questo tipo:

ma non è meglio se suoni solo la chitarra?

oppure

Franco è bravo con la musica, l’importante è che non apra bocca.

Ora, per quanto io oggi mi ritenga una persona abbastanza immunizzata nei confronti dei giudizi altrui, ammetto che non sempre le cose siano state così; la conseguenza è che per anni e anni non ho più cantato.

Ecco qua la questione del giorno: vorreste fare qualcosa, ma il giudizio del mondo (anzi, di una parte di mondo a cui attribuite comunque un certo valore) vi condiziona affinché voi non la facciate!
In seguito, e pure in diverse occasioni, mi sono trovato spesso in condizione da poter uscire dall’impasse. Peccato che ogni volta che “passava il treno” ripartiva nella mia mente il disco con i giudizi e quindi io guardavo il treno passare senza prenderlo.

Ho iniziato a vedere la luce in fondo tunnel intorno ai 23 anni. Non è stato facile.
Dopo altri 10 anni sono uscito dal tunnel e sono riuscito a seppellire tutti i condizionamenti che mi avevano legato gratuitamente per tutto questo tempo. Oggi canto perché mi piace, perché mi fa stare bene, perché lo voglio, e direi che sono ragioni più che sufficienti, la vita è troppo breve per starsene zitti.

Meglio tardi che mai, sicuramente. Ma a volte sarebbe meglio prima che tardi.

Conclusioni (molto pane e salame, non ho voglia di stare a fare troppi giri di parole):

  • per molte cose che vorrete fare, troverete spesso qualcuno che vi dirà “non farlo, non sei capace, non puoi farcela, fai ridere”; ricordatevi, quando succederà, di mandarlo a quel paese direttamente e senza passare dal via.
  • se un giorno vi verrà voglia di dire a qualcuno, in merito a qualcosa che vorrebbe fare, “non farlo, non sei capace, non puoi farcela, fai ridere”, prima di essere fetenti ricordate che potrebbe mandarvi a quel paese direttamente (sempre senza passare dal via).

P.S.: ho definito il mio canto un “effetto collaterale”; ovviamente ce ne sono altri (anche se meno frequenti): uno di essi è il fatto che ogni tanto ho la pretesa di suonare il basso.